“Spallate d’autore” o Faulabberu”
di Giacobbe Manca
¿Quale Archeologia?
Desideri e Clima avverso
L’obbiettivo è scrivere di ricerca in ambito preistorico senza ripetere amenità trite; voglio percorrere una strada nuova per la ricerca in Sardegna, aperta nell’ambito dell’Architettura Preistorica, oltre le stucchevoli convinzioni riportate in manuali obbligatori, nati stantii. Puntare l’obiettivo sulle tecniche non riscuote i consensi dovuti, ma sono ineludibili anche se subdolamente evitate, finora. Introducendo gli argomenti tecnici penso sia cosa buona e giusta eliminare macerie e cianfrusaglie fin qui prodotte dai tanti “padroni” dell’Archeologia in pagine assai lontane da una qualche parvenza di scienza.
Si tratta di lembi stucchevoli di un folklore archeologico tutto sardo.
L’Architettura e le Tecniche Preistoriche si apprendono in specie sul campo, studiando di persona molti monumenti, cui si sommano gli apporti di operai intelligenti, laureati alla scuola dell’esperienza artigiana: sono cavapietre, scalpellini e costruttori di veri muri a secco (solidi), che, per fortuna, mi hanno accompagnano agli scavi.
Con giuste conoscenze si fanno i passi nella ricerca di settore, ben oltre l’attuale storiografia, ricca di contraddizioni e molte amenità. Eppure, gli addetti hanno sempre attinto a quella, acriticamente.
Il loro “attingere” (¡incredibile a dirsi!) lo definiscono “metodo
storico”; di fatto sono tristi sottrazioni di pensieri altrui.
Il cosiddetto “metodo” degli accademici, infatti, è solo un sotterfugio attuato da chi fruga nelle tasche altrui, non fa ricerca scientifica e, poveretto, in concreto non sa leggere un monumento.
E le fantasie accademiche sono chiamate scienza!
Misera tempora cucurrunt
A considerare la consistenza delle conoscenze tecniche
possedute da ampia parte degli Archeologi di Sardegna, dopo “soli” due secoli d’indagini così “autorevolmente reclamizzate”, viene lo sgomento.
Tralasciamo i pochi lumi del ‘700; sorridiamo sulle menate fenicio-egizio-pelasgiche ottocentesche; soffriamo per i penosi strascichi del primo Novecento (fascismo, leggi razziali, ecc.); smaltiamo la decadenza da contagio e nepotismo dei lustri postbellici, forse ineludibile, che purtroppo continua fino a oggi e appare chiaro che non di vizi epocali s’è trattato ma di secolari “carenze vitaminiche”.
Questa sarda è da sempre una terra di rapina dove l’assenza di metodo è cronica (specie nelle dissimulate procedure d’indagine archeologica). ¡Si tratta, credo, d’intellettuali carrieristi, straniti per gli immeritati scranni su cui sono assisi! Forse però c’è anche altro…
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