LA CENA DELLE ANIME

Un’osservazione filmica della tradizione sarda nella Notte dei Morti
di Ignazio Figus

“La notte del 2 novembre si mangiano di prammatica “sos macarrones de sos mortos” (i maccheroni dei morti).

Prima di porsi a letto le famiglie preparano sulle mense un gran piatto di questi maccheroni, che sono destinati ai defunti parenti.
Le anime entrano alla mezzanotte nelle case, girano intorno alle mense imbandite, e se ne partono quindi saziate dal solo odore delle vivande.

Se invece non si prepara alcun piatto, i morti se ne vanno via sospirando…” .

Questo scriveva nel 1834 il poeta, giornalista e folklorista, Giuseppe Calvia Sechi nella Rivista delle tradizioni popolari a proposito delle usanze familiari logudoresi in occasione della commemorazione dei defunti.

Nelle note relative a questa descrizione lo studioso ci informa che: “È un ricordo evidente del culto dei morti in Grecia e in Roma…” e ancora “Pare di assistere alla scena di Tiresia e delle anime vaganti attorno al fosso scavato da Ulisse, e descritto da Omero nell’XI dell’Odissea…


Questa relazione vivi – morti evidenziata dal Calvia, sembra dunque sottolineare una ricerca di risposte a interrogativi eterni che riguardano la vita e la morte e il nostro rapporto con esse.

I defunti, in qualche modo, non sono separati dalla comunità, ma continuano a farne parte ed è necessario sfamarli, oltre che imparare ad ascoltarli traendo insegnamenti per il prosieguo della nostra vita.


Il culto dei morti è un elemento centrale nella cultura popolare della Sardegna. Rappresenta indubbiamente uno dei temi classici dell’antropologia e trova nell’Isola (e nel meridione d’Italia) espressioni ancora vitali e analizzabili…


…LEGGI L’INTERO ARTICOLO NEL N° 52

2 commenti su “LA CENA DELLE ANIME”

  1. Pischedda Caterina

    Anche in Gallura, parte nord-est della provincia di Sassari, esisteva la consuetudine di imbandire un tavolo con un pasto per i defunti della famiglia. Fra le posate non andava mai messo il coltello, perché le anime potevano ferirsi. Le porte non dovevano essere chiuse a chiave. Qualche volta i bisognosi approfittavano così di un pasto extra…. nella nostra cultura popolare i morti erano sempre parte integrante della famiglia.
    Prima si viveva più in campagna, negli “stazzi” che in paese.

  2. Gentilissima Caterina, le modalità che riporta sono effettivamente diffuse anche nella Sardegna centrale (in particolare per quanto riguarda le posate). Parliamo comunque di una tradizione ancora ben viva in Sardegna e nel meridione d’Italia. Se è interessata alla visione del film le ricordiamo che fino al 30 aprile sarà visionabile gratuitamente attraverso la piattaforma ISRECINEMA on demand dell’Istituto Etnografico della Sardegna. Troverà le istruzioni nella pagina Facebook dell’ISRE. Grazie per la sua preziosa testimonianza.

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