Una Folla di ominidi
Quando si pensa all’Uomo, alludendo all’umanità in generale, a cosa siamo oggi o chi saremo domani, la prima figura che nasce nella mente con sgomento è un numero, una cifra: 8 miliardi di individui! O-t-t-o m-i-l-i-a-r-d-i!-!! Siamo come “stelle in cielo o granelli di sabbia in riva al mare” di biblica memoria, penosamente illimitati! Subito dopo arriva la seconda immagine, è la visione della Terra trasformata in un grande formicaio, brulicante di imenotteri acefali, che si muovono freneticamente, dando l’impressione di lavorare per migliorare la vita o per il bene della loro casa ma, a un più attento esame, si scopre che stanno invece distruggendo, sgretolando, avvelenando il loro paese. Abbiamo un solo formicaio, nessuno mai in tutta la storia dell’Uomo ha prodotto così tanti e grossi danni mettendo in pericolo la sua stessa sopravvivenza. Quante zolle di terra o quanti fili d’erba o spighe di grano toccheranno domani a ciascuno dei nostri discendenti? E quando avremo consumato tutte le zolle e i fili d’erba e le spighe, la Terra sarà felice di scrollarsi di dosso questi omuncoli impazziti e riprenderà la vita senza di noi.
Così, almeno a me succede, è più facile rivolgere lo sguardo al passato, rifugiandosi nel tempo già consumato, quello storico ma ancor meglio in quello profondo, dove l’immaginazione ha un buon margine di manovra. E più indietro si va, più nebulosa e incerta è la possibilità di capire, di vedere chi erano quegli esseri che popolavano la Terra. È vero che lo studio della preistoria, dell’evoluzione umana, la paleoantropologia è una scienza che tende a una puntigliosa verità, interroghiamo i fossili ma gli esami scientifici qualche volta non bastano. Le prove devono sempre confortare le teorie, ma ci sono situazioni che sfuggono completamente alla possibilità di essere comprese con sicurezza e sono questi i casi in cui si può condire le ipotetiche verità con sprazzi di fantasia, che devono sempre rientrare nella logica richiesta dal contesto.
Del resto è proprio nella nostra natura di sognatori creare ed elaborare realtà “altre”. Non dobbiamo dimenticare che la dote che ci distingue fra i primati è il pensiero simbolico, la capacità cioè di rappresentare la realtà attraverso immagini create da noi stessi, di pensare mondi diversi dal nostro quotidiano, di capirli e condividerli attraverso un linguaggio capace di creare simboli, di trasmettere idee e insomma ragionare in termini ipotetici.
Il tempo come rifugio può, però, diventare una trappola mentale. Come si può valutare, capire il significato dell’espressione “milioni di anni”?
La nostra civiltà ne ha più o meno 5 o 6mila. Iniziando a contare il tempo dalle grandi civiltà protostoriche e storiche (Età del Bronzo, Età del Ferro, Sumeri, Egizi), forse sono abbastanza chiari solo gli ultimi duemila anni. Il tempo della nostra civiltà si potrebbe paragonare a un battito di ciglia, un sospiro sarebbe già un periodo sterminato. Andiamo allora a guardare nel profondo dell’abisso, tuffandoci in apnea nel passato servendoci del filo conduttore dell’evoluzione per non perdere la logica e la concatenazione degli eventi. Noi siamo gli ultimi, i Sapiens, gli uomini moderni, guardando indietro troviamo il Neanderthal, siamo entrambi derivati dall’Homo Heidelbergensis. Prima ancora è il tempo dell’Homo Ergaster (uomo che lavora) o Erectus, suo nonno era Homo Habilis e i primi in fondo al filo dell’ominazione sono gli australopiteci. Qui la mente si perde nel tempo…
Sul filo della discesa i cartellini riportano anziché i metri dalla superficie, gli anni in cui iniziano le tappe dell’evoluzione che ci riguarda. Il primo segna la cifra di 200mila anni fa, indica appunto i primi passi dell’avventura di noi Sapiens, l’ultimo modello del genere umano. Siamo ormai sicuri delle nostre capacità, diventiamo avventurieri, conquistatori incontenibili. Partiamo dall’Africa 60mila anni fa e in poco tempo, 20-10mila anni, ci impadroniamo dell’intero globo e ora stiamo studiando il modo di arrivare su altri mondi. Scendiamo ancora, siamo sui 350-300 mila anni fa, troviamo l’Uomo di Neanderthal, che si muove spaziando su una vastissima area che va dal Mediterraneo alla Siberia al Medio Oriente, il peiodo migliore della sua cultura è il musteriano nel Paleolitico Medio, intorno ai 140mila anni fa. 100mila anni dopo scompare, si estingue. A oggi non sono stati più trovati suoi fossili. Andiamo ancora più in profondità, ora troviamo il cartellino che indica 550mila anni fa, è il tempo di Homo Heidelbergensis, l’antenato che in Europa diventerà Uomo di Neanderthal e in Africa darà origine ai Sapiens. Dobbiamo andare ancora indietro e parleremo di milioni di anni. Ci viene incontro l’ominide che già 1,6 milioni di anni fa era molto simile a noi con una capacità cranica di 700-800 cm cubici, destinati ad arrivare fino a 1225, è ritenuto un nostro antenato certo: è l’Homo Ergaster.
La sua esistenza durerà più di un milione di anni, ha raggiunto uno sviluppo evolutivo ormai molto avanzato, che lo porta ad affrontare spazi sconosciuti al di fuori del suo piccolo territorio, infatti esce dall’Africa e si espande. In Cina diventerà Sinantropo, in Indonesia Pitecantropo, in Nord Africa Atlantropo…
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