Rosanna Lupieri Perissutti

Una Folla di ominidi

Quando si pensa all’Uomo, alludendo all’umanità in generale, a cosa siamo oggi o chi saremo domani, la prima figura che nasce nella mente con sgomento è un numero, una cifra: 8 miliardi di individui! O-t-t-o m-i-l-i-a-r-d-i!-!! Siamo come “stelle in cielo o granelli di sabbia in riva al mare” di biblica memoria, penosamente illimitati! Subito dopo arriva la seconda immagine, è la visione della Terra trasformata in un grande formicaio, brulicante di imenotteri acefali, che si muovono freneticamente, dando l’impressione di lavorare per migliorare la vita o per il bene della loro casa ma, a un più attento esame, si scopre che stanno invece distruggendo, sgretolando, avvelenando il loro paese. Abbiamo un solo formicaio, nessuno mai in tutta la storia dell’Uomo ha prodotto così tanti e grossi danni mettendo in pericolo la sua stessa sopravvivenza. Quante zolle di terra o quanti fili d’erba o spighe di grano toccheranno domani a ciascuno dei nostri discendenti? E quando avremo consumato tutte le zolle e i fili d’erba e le spighe, la Terra sarà felice di scrollarsi di dosso questi omuncoli impazziti e riprenderà la vita senza di noi.

Così, almeno a me succede, è più facile rivolgere lo sguardo al passato, rifugiandosi nel tempo già consumato, quello storico ma ancor meglio in quello profondo, dove l’immaginazione ha un buon margine di manovra. E più indietro si va, più nebulosa e incerta è la possibilità di capire, di vedere chi erano quegli esseri che popolavano la Terra. È vero che lo studio della preistoria, dell’evoluzione umana, la paleoantropologia è una scienza che tende a una puntigliosa verità, interroghiamo i fossili ma gli esami scientifici qualche volta non bastano. Le prove devono sempre confortare le teorie, ma ci sono situazioni che sfuggono completamente alla possibilità di essere comprese con sicurezza e sono questi i casi in cui si può condire le ipotetiche verità con sprazzi di fantasia, che devono sempre rientrare nella logica richiesta dal contesto.

Del resto è  proprio nella nostra natura di sognatori creare ed elaborare realtà “altre”. Non dobbiamo dimenticare che la dote che ci distingue fra i primati è il pensiero simbolico, la capacità cioè di rappresentare la realtà attraverso immagini create da noi stessi, di pensare mondi diversi dal nostro quotidiano, di capirli e condividerli attraverso un linguaggio capace di creare simboli, di trasmettere idee e insomma ragionare in termini ipotetici.

Il tempo come rifugio può, però, diventare una trappola mentale. Come si può valutare, capire il significato dell’espressione “milioni di anni”?

La nostra civiltà ne ha più o meno 5 o 6mila. Iniziando a contare il tempo dalle grandi civiltà protostoriche e storiche (Età del Bronzo, Età del Ferro, Sumeri, Egizi), forse sono abbastanza chiari solo gli ultimi duemila anni. Il tempo della nostra civiltà si potrebbe paragonare a un battito di ciglia, un sospiro sarebbe già un periodo sterminato. Andiamo allora a guardare nel profondo dell’abisso, tuffandoci in apnea nel passato servendoci del filo conduttore dell’evoluzione per non perdere la logica e la concatenazione degli eventi. Noi siamo gli ultimi, i Sapiens, gli uomini moderni, guardando indietro troviamo il Neanderthal, siamo entrambi derivati dall’Homo Heidelbergensis. Prima ancora è il tempo dell’Homo Ergaster (uomo che lavora) o Erectus, suo nonno era Homo Habilis e i primi in fondo al filo dell’ominazione sono gli australopiteci. Qui la mente si perde nel tempo…

Sul filo della discesa i cartellini riportano anziché i metri dalla superficie, gli anni in cui iniziano le tappe dell’evoluzione che ci riguarda. Il primo segna la cifra di 200mila anni fa, indica appunto i primi passi dell’avventura di noi Sapiens, l’ultimo modello del genere umano. Siamo ormai sicuri delle nostre capacità, diventiamo avventurieri, conquistatori incontenibili. Partiamo dall’Africa 60mila anni fa e in poco tempo, 20-10mila anni, ci impadroniamo dell’intero globo e ora stiamo studiando il modo di arrivare su altri mondi. Scendiamo ancora, siamo sui 350-300 mila anni fa, troviamo l’Uomo di Neanderthal, che si muove spaziando su una vastissima area che va dal Mediterraneo alla Siberia al Medio Oriente, il peiodo migliore della sua cultura è il musteriano nel Paleolitico Medio, intorno ai 140mila anni fa. 100mila anni dopo scompare, si estingue. A oggi non sono stati più trovati suoi fossili. Andiamo ancora più in profondità, ora troviamo il cartellino che indica 550mila anni fa, è il tempo di Homo Heidelbergensis, l’antenato che in Europa diventerà Uomo di Neanderthal e in Africa darà origine ai Sapiens. Dobbiamo andare ancora indietro e parleremo di milioni di anni. Ci viene incontro l’ominide che già 1,6 milioni di anni fa era molto simile a noi con una capacità cranica di 700-800 cm cubici, destinati ad arrivare fino a 1225, è ritenuto un nostro antenato certo: è l’Homo Ergaster.

La sua esistenza durerà più di un milione di anni, ha raggiunto uno sviluppo evolutivo ormai molto avanzato, che lo porta ad affrontare spazi sconosciuti al di fuori del suo piccolo territorio, infatti esce dall’Africa e si espande. In Cina diventerà Sinantropo, in Indonesia Pitecantropo, in Nord Africa Atlantropo…

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Nascita degli Dei

La formidabile scoperta nel 1994 di Göbekli Tepe in Turchia dell’archeologo tedesco Klaus Schmidt, che lavora allo scavo fino al 2014, anno del suo prematuro decesso, ci pone di fronte a una situazione complessa, di non facile lettura. É l’opera dell’uomo primitivo che cambia il mondo. Secondo Schmidt è una grande svolta dell’evoluzione; rappresenta il preludio al Neolitico e a tutto quello che ne consegue. La datazione è certa e oscilla fra gli 11.000 e i 12.000 anni fa. Siamo nel Mesolitico, il breve periodo intermedio tra la “pietra antica” – Paleolitico – e quella “nuova” – Neolitico. Sappiamo che le suddivisioni del tempo preistorico si scandiscono in classificazioni convenzionali per facilitare gli studiosi e per dare un senso e un ritmo al susseguirsi dei periodi. Gli uomini del Mesolitico sono cacciatori-raccoglitori seminomadi, cioè uomini che si procurano il cibo cacciando e raccogliendo tutto quello che è edibile del mondo vegetale, che occupano un piccolo spazio di tempo prima della rivoluzione neolitica. Sono indubbiamente i costruttori di Göbekli Tepe. Questo luogo è un complesso architettonico monumentale che stupisce e affascina per la potenza che emana sia dal lato materiale per il lavoro gigantesco di ingegneria costruttiva e di organizzazione della forza lavoro, sia per il potente senso del sacro che queste pietre comunicano, questo è un luogo dove il divino era evocato e vissuto, un luogo al confine del reale dove accogliere il volere e il potere degli dei.

È davanti a opere simili che prendono forma nella mente le millenarie domande (retoriche): “quando e perché e come” nasce nell’uomo il sentimento religioso, il bisogno del sacro e del trascendente. E altrettanti millenni di studi di filosofia, teologia, etica e morale hanno tentato e tentano di spiegare la nostra inquietudine davanti all’Infinito e lo smarrimento che la solitudine nel tempo e nello spazio opprime la nostra fragile condizione umana, ma ancora, ovviamente, non abbiamo risposte. Forse alla domanda “quando”, in quale fase del cammino inizia questo bisogno di sentire e spiegare l’arcano, di cercare e trovare un Creatore, di prendere coscienza della a vita umana, si può trovare la risposta nell’archeologia. Si pensa che la prima scintilla nasca nella mente dell’uomo di Neanderthal, quando mostra empatia perché si prende cura dei suoi simili colpiti da gravi menomazioni, le prove sono nelle ossa fossili di soggetti sopravvissuti a lungo dopo aver perso un arto perché aiutati a procurarsi il cibo. Ma soprattutto compie un atto davvero rivoluzionario: dà sepoltura ai morti. Forse questo uomo si è chiesto cosa sia questo “smettere di vivere” e perché e dove si vada poi… forse si può continuare da un’altra parte? Forse il corpo va protetto dai predatori, nascosto nella terra. Forse esegue i primi semplici riti per accompagnare il defunto. Forse il sacro, il divino, l’entità superiore si prenderà cura di colui che deve passare oltre.

La prima apparizione del sacro manifestata nell’opera dell’uomo viene espressa nelle grotte dipinte già molto tempo prima di Göbekli Tepe. Le più famose si trovano in Francia e anche qui come in Turchia, migliaia di anni dopo, i soggetti protagonisti della narrazione sono animali. Molto rare e schematiche sono le figure che rappresentano l’uomo . Animali, molti, magnifici, potenti, come un’arca di Noè le caverne ospitano le immagini della fauna che si aggirava in Europa intorno a 40.000 anni fa: leoni, rinoceronti, cavalli, uri, renne, mucche, tori, cervi, animali che in parte troviamo anche a Göbekli Tepe. Perché animali? Che cosa rappresentavano? Che rapporto c’era fra loro e l’uomo? E riproducendone le figure in luoghi nascosti e arcani se ne voleva carpire la forza, l’abilità, l’agilità, la naturale potente vitalità? Animali, animali… qualche volta anche l’uomo ne ruba le sembianze, come l’uomo-leone (Germania, Hohlenstein, 40.000 anni fa) o l’uomo che si cela sotto la pelle di una chimera: corna, coda, occhi sono un miscuglio di vari soggetti assemblati in questa figura che nasconde all’interno un uomo, se ne vedono le mani e i piedi, vistosi genitali e un bagliore negli occhi in fondo alla maschera che copre completamente viso e corpo (sud della Francia, grotta di Les Trois-Frères, 15.000 anni fa). Chi sono? Maghi, stregoni, sciamani che entrano nello spirito dell’animale o diventano la bestia stessa. Creature totemiche a Göbekli Tepe: ne troviamo tantissimi, questa volta scolpiti nella pietra di santuari costruiti dall’ingegno e dal lavoro dell’uomo. Spesso sono feroci o velenosi ed è ancora più misterioso il loro rapporto con l’uomo e i suoi riti. Sono passati millenni dall’epoca delle grotte dipinte di Chauvet o Lascaux o Altamira. Che cosa vogliono rappresentare ora? Nel Paleolitico superiore trasmettono forza, grazia, armonia. I protagonisti di Göbekli Tepe invece sono cupi, inquietanti, quasi macabri.La storia che raccontano sembra essere diversa, anche se altrettanto misteriosa. È proprio durante l’ultimo tratto del Paleolitico superiore che avviene un profondo cambiamento nella vita degli uomini. È questo il momento in cui l’evoluzione ci farà imboccare un percorso che ci porterà ad essere prima contadini e allevatori e poi sedentari fondatori di città. Ci sono molte teorie che cercano di fare luce sulle cause di questo grandissimo mutamento.


Arriviamo all’inizio dell’VIII millennio, quando si verifica un evento il cui significato ci è impossibile capire: non solo non si costruiscono più edifici sacri ma si dismette anche l’uso di quelli ancora in funzione: vengono celati alla vista, coperti con sassi e terra, sepolti ma non distrutti. Il santuario viene abbandonato e occultato, probabilmente dalle stesse genti che lo avevano costruito e frequentato, il motivo ancora una volta resterà un mistero. L’idea di Schmidt è che questa azione di annullamento fosse volontaria, oggi questa teoria non è accettata pienamente da qualche archeologo, si parla di cause naturali che avrebbero ricoperto il luogo come grandi smottamenti e frane con conseguente crollo degli edifici. Il mondo dei mesolitici è cambiato. Il loro modo di vivere ora si basa su un nuovo tipo di economia che li trasformerà in contadini sedentari. Il “cacciatore” perde importanza assieme ai suoi riti e ai suoi vincoli religiosi e assieme a essi scompaiono anche i suoi luoghi di culto. Prenderanno altre forme in altri luoghi. La montagna sacra, priva di sorgenti d’acqua e di spazi coltivabili, non è adatta alle nuove esigenze degli uomini e viene abbandonata. Ora c’è bisogno di terreni pianeggianti e fertili, perché l’uomo, anche grazie alla immane costruzione del tempio, ha imparato per necessità a seminare e mietere. La vita si sposta nei fondovalle, dove lo sviluppo dell’agricoltura e in seguito dell’allevamento di animali domesticati, permetterà e favorirà il grande passo verso il Neolitico.


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Letteratura: conquista dell’uomo

In 3000 anni di storia Sumeri, Accadi, Babilonesi e Assiri esprimono la loro grande tradizione mitologica e religiosa attraverso migliaia di testi cuneiformi che ci offrono un quadro molto ampio e complesso della loro letteratura. Il termine Mesopotamia (fra i fiumi), indica la terra fra i bacini idrografici dei gran- di fiumi Eufrate a ovest e Tigri a est.

In questo territorio si sviluppa precoce- mente quel fenomeno poi chiamato “Rivoluzione neolitica”: domesticazione di piante e animali, rapida aggregazione urbana: prima piccoli villaggi e poi formazione di grandi città.

Le condizioni ottimali per la coltivazione dei cereali di- pendevano dal regime delle precipitazioni atmosferiche che in questo territorio erano e sono insufficienti, dunque fu necessario ideare grandi opere di irrigazione e canalizzazione artificiali per attingere l’acqua dai due fiumi.

Queste abilità presumono l’intervento di personaggi con capacità organizzative e di comando, che daranno origine a società controllate e guidate da caste dominanti.

Quella società stratificata poneva al centro del potere il “Tempio” o il “Palazzo”, che immagazzinano scorte alimentari, materie prime e prodotti artigianali, la cui distribuzione alla comunità è controllata e pianificata.

Ora nasce l’esigenza di tenere i conti, codificare e prendere nota di movimenti, merci e beni. Il materiale usato per liste e annotazioni amministrative sono l’argilla e lo stilo, materiali abbondanti nel Paese del limo e delle canne.

Rilievo assiro in alabastro che ritrae Gilgamesh, VIII secolo a.C

A questo scopo sono ideati, già a partire dal Neolitico (10.000 anni fa), piccoli gettoni d’argilla (contatori) che servono per comunicare informazioni precise su quantità e qualità dei prodotti e delle risorse. Questo sistema durerà a lungo, almeno per 5000 anni, fino ad arrivare alla semplice scrittura su tavolette piane di argilla fresca e il loro scopo rimane a lungo nell’ambito dell’amministrazione e della contabilità.

Quando finalmente scrittura e operazioni contabili si separano, intorno al 2700-2600 a.C., si compongono testi storici, religiosi, legali, scolastici e letterari, inclusa la poesia. In particolare, si ha una sorprendente fioritura della letteratura.

La tradizione orale, elaborando riflessioni approfondite, è fissata con la scrittura in componimenti di grande respiro, profondità e pregio letterario. Nascono i miti nei quali gli uomini creano risposte: gli dei e i loro conflitti, l’origine del mondo e dell’uomo, la creazione dell’universo, tale da assicurarne il perpetuo funzionamento, il senso della vita, le disgrazie, i problemi posti dal male, l’inevitabilità della morte.

La Mesopotamia, terra dei Sumeri prima e degli Accadi di origine semita poi, è popolata da mille e più divinità, il mondo è il loro dominio e gli uomini sono sudditi, servitori.

Statua in alabastro della dea Ishtar che indossa un mantello e un copricapo di vello di montone. III millennio a.C

Esse possedevano, amministravano e governavano come re. Un pantheon sterminato, popolato sia dagli dei principali, fondatori e protettori delle città-stato, sia da un gran numero di divinità minori a protezione d’ogni attività umana, dal lavoro del contadino e dell’artigiano, coi loro attrezzi, alle funzioni del sovrano.

Gli dei erano visti come esseri superumani, dotati di poteri ultraterreni, ma anche di tutti i difetti di uomini e donne.

Erano immaginati come esseri possenti e di enorme statura; erano intelligenti e astuti, anche se potevano essere ingannati; garanti della giustizia e dell’ordine costituito ma capaci di azioni discutibili o im morali; pativano lo sconvolgimento delle passioni, della gelosia, dell’odio e della lussuria, i morsi del- la fame e della sete come gli esseri mortali.

Le divinità più importanti erano l’espressione della natura e dell’ordine cosmico. Il dio supremo, An, “l’In Alto” o “Cielo”, governava la parte superiore dell’Universo.

Enlil “Signore dell’Atmosfera”, sovrano del Mondo di Mezzo, dove vivono gli uomini, cioè la Terra coperta dalla Sfera Celeste, sospesa sulle acque primordiali e percorsa dai soffi dei venti cosmici, alito vitale della Terra stessa.

Enki “Signore dell’Apsu”, l’abisso di acqua dolce, l’oceano sotterraneo che regge l’intero universo (in pratica, la Mesopotamia), è il mediatore fra la sfera divina e l’umanità: è benevolo, giusto, intelligente, lungimirante, creativo, scaltro e ragionevole, è il dio più vicino al genere umano, somigliante all’uomo ideale e perfetto.

[……..continua………..]

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