Disponibile da Maggio 2023, il nuovo numero 62 di Sardegna Antica
Apriamo questo numero con un articolo che potrebbe apparire sostanzialmente provocatorio, ma che costituisce soltanto un insopprimibile grido di dolore volto a ottenere – finalmente! – il dovuto rispetto e la salvaguardia dei monumenti. La sconcertante vicenda è raccontata dall’incontenibile vena critica dell’archeologo ambientalista Lorenzo Scano, che ricostruisce l’infierire progressivo del maltrattamento attuato sul famoso monumento di Monte d’Accoddi.
Certo non sono le uniche vestigia incomprese e travisate da questa archeologia sarda bipolare, ma forse mai con così pervicaci e ingiustificate colpe. Non consola che la vicenda del nostro, trovi una sorta di fatti paralleli in ciò che accadde anche a Stonhenge in Inghilterra. Le vicende a cui questo monumento fu sottoposto dal dopoguerra a oggi, hanno dell’incredibile. Da ultimo fu ricostruito nelle parti alte con una ridicola gradinata completamente adespota per struttura e materiali: espressione vergognosa e immatura di istituzioni che giungono a creare un sito archeologico irreale e fasullo, ingannatore, violandone la natura originaria, forzando il monumento verso un quadro culturale e cronologico improprio.
Segue un articolo di Maurizio Feo in due parti: la prima riguarda l’archeologia in generale, quella internazionale nei suoi progressi evolutivi fino ad oggi; nella seconda parte (che leggeremo nel prossimo numero 63) compariranno più precisi riferimenti ai monumenti e agli archeologhi sardi.
Maura Andreoni ci intrattiene, sempre piacevolmente, con un breve e interessante excursus tra botanica, storiografia e mito, tratto dal suo libro “Alberi fiori e frutti nelle bandiere di stato”.
Una richiesta epistolare d’informazioni sull’oleandro – pianta spontanea onnipresente in Sardegna – è stata provvisoriamente soddisfatta da M. Feo: se i lettori dovessero avere validi contributi circa ambiente, fauna e flora della Sardegna, Storia, Tradizioni popolari, Arte i loro scritti saranno certamente ben accetti e presi in considerazione per la stampa.
Con un articolo intransigente: “Se crediamo a Platone”, M. Feo risponde – si spera definitivamente – ai reiterati inviti a parlare dell’ipotesi Atlantide/Sardegna, divenuta tanto di moda.
Numerose in questo numero sono le recensioni: alcune esprimono il nostro entusiasmo nei confronti di testi di cui si caldeggia la lettura; altre sono meno favorevoli, pur se talvolta riferite a scritti culturalmente validi, ma meno accessibili al vasto pubblico.
“Spigolando tra lessico e numeri”, di Giacobbe Manca, dà corpo e anima al detto latino: castigat ridendo mores: ci strappa sorrisi velati di tristezza mentre espone le carenze e le implicite malefatte croniche di una casta archeologica sarda irrimediabilmente inconsistente.
Nello Bruno ci conduce per mano, lungo percorsi – per tanti inconsueti – delle etimologie e dell’evoluzione dell’espressione verbale, stimolando nuove considerazioni (e dubbi!) su infondate acquisizioni linguistiche.
In un articolo d’economia, Giovanni Enna porta alla nostra attenzione interessanti dettagli storici pertinenti al lungo periodo d’interazione Fenicio- Punica con gli isolani sardi. Lo stesso, in un secondo articolo, ci rivela il molto tormentato periodo, poco conosciuto, dei circa 80 anni di dominazione vandalica e i conseguenti contrasti con la Chiesa e la popolazione locale.
Peppino Pischedda espone in dettaglio quale grande dose di coraggio fosse necessaria a una femminista ante litteram della seconda metà del ‘700 – Marie Gouze – per sostenere tesi che oggi (grazie a molte eroine interamente spese per la causa) sembrano quasi ovvietà: il vocabolo “femminista” fu coniato dopo la sua morte per decapitazione.
Pietro Martis offre una breve, eccellente istantanea di come un non sardo possa perdutamente innamorarsi dell’isola e dei suoi abitanti, solo per l’aver vissuto con loro durante un lavoro commissionato dal re piemontese: il rifacimento dell’ormai disastrata strada romana a Caralis Turris Libisonis, di cui Carlo Felice avocò a sé l’intero merito con una molto inopportuna statua.
Gian Gabriele Cau ritorna ancora sui sorprendenti studi epigrafici, osservabili sulle pareti di Sant’Antioco di Bisarcio. I curiosissimi e interessanti graffiti, sono raccontati dall’autore attraverso vivide “immagini filmiche”, com’egli riferisce, tra fede e storia.
Alessandro Atzeni e Sandro Garau, collaudata squadra sinergica di Architettura Preistorica, comunicano il loro più recente studio sul particolarissimo nuraghe complesso Duvilinò (Orgosolo), con con foto e rilievo planimetrico. I nostri propongono l’apparentamento con altri già noti edifici, analoghi per particolarità costruttive e nel contempo individuano una categoria di edifici che battezzano “nuraghi arroccati”. Con una convincente e attenta descrizione, mostrano – com’è d’uopo per archeologi preistorici – una grande sensibilità per i componenti delle strutture ed esplicitamente auspicano, nuove modalità tecnologiche di studio.
Certo non sono le uniche vestigia incomprese e travisate da questa archeologia sarda bipolare, ma forse mai con così pervicaci e ingiustificate colpe. Non consola che la vicenda del nostro, trovi una sorta di fatti paralleli in ciò che accadde anche a Stonhenge in Inghilterra. Le vicende a cui questo monumento fu sottoposto dal dopoguerra a oggi, hanno dell’incredibile. Da ultimo fu ricostruito nelle parti alte con una ridicola gradinata completamente adespota per struttura e materiali: espressione vergognosa e immatura di istituzioni che giungono a creare un sito archeologico irreale e fasullo, ingannatore, violandone la natura originaria, forzando il monumento verso un quadro culturale e cronologico improprio.
Segue un articolo di Maurizio Feo in due parti: la prima riguarda l’archeologia in generale, quella internazionale nei suoi progressi evolutivi fino ad oggi; nella seconda parte (che leggeremo nel prossimo numero 63) compariranno più precisi riferimenti ai monumenti e agli archeologhi sardi.
Maura Andreoni ci intrattiene, sempre piacevolmente, con un breve e interessante excursus tra botanica, storiografia e mito, tratto dal suo libro “Alberi fiori e frutti nelle bandiere di stato”.
Una richiesta epistolare d’informazioni sull’oleandro – pianta spontanea onnipresente in Sardegna – è stata provvisoriamente soddisfatta da M. Feo: se i lettori dovessero avere validi contributi circa ambiente, fauna e flora della Sardegna, Storia, Tradizioni popolari, Arte i loro scritti saranno certamente ben accetti e presi in considerazione per la stampa.
Con un articolo intransigente: “Se crediamo a Platone”, M. Feo risponde – si spera definitivamente – ai reiterati inviti a parlare dell’ipotesi Atlantide/Sardegna, divenuta tanto di moda.
Numerose in questo numero sono le recensioni: alcune esprimono il nostro entusiasmo nei confronti di testi di cui si caldeggia la lettura; altre sono meno favorevoli, pur se talvolta riferite a scritti culturalmente validi, ma meno accessibili al vasto pubblico.
“Spigolando tra lessico e numeri”, di Giacobbe Manca, dà corpo e anima al detto latino: castigat ridendo mores: ci strappa sorrisi velati di tristezza mentre espone le carenze e le implicite malefatte croniche di una casta archeologica sarda irrimediabilmente inconsistente.
Nello Bruno ci conduce per mano, lungo percorsi – per tanti inconsueti – delle etimologie e dell’evoluzione dell’espressione verbale, stimolando nuove considerazioni (e dubbi!) su infondate acquisizioni linguistiche.
In un articolo d’economia, Giovanni Enna porta alla nostra attenzione interessanti dettagli storici pertinenti al lungo periodo d’interazione Fenicio- Punica con gli isolani sardi. Lo stesso, in un secondo articolo, ci rivela il molto tormentato periodo, poco conosciuto, dei circa 80 anni di dominazione vandalica e i conseguenti contrasti con la Chiesa e la popolazione locale.
Peppino Pischedda espone in dettaglio quale grande dose di coraggio fosse necessaria a una femminista ante litteram della seconda metà del ‘700 – Marie Gouze – per sostenere tesi che oggi (grazie a molte eroine interamente spese per la causa) sembrano quasi ovvietà: il vocabolo “femminista” fu coniato dopo la sua morte per decapitazione.
Pietro Martis offre una breve, eccellente istantanea di come un non sardo possa perdutamente innamorarsi dell’isola e dei suoi abitanti, solo per l’aver vissuto con loro durante un lavoro commissionato dal re piemontese: il rifacimento dell’ormai disastrata strada romana a Caralis Turris Libisonis, di cui Carlo Felice avocò a sé l’intero merito con una molto inopportuna statua.
Gian Gabriele Cau ritorna ancora sui sorprendenti studi epigrafici, osservabili sulle pareti di Sant’Antioco di Bisarcio. I curiosissimi e interessanti graffiti, sono raccontati dall’autore attraverso vivide “immagini filmiche”, com’egli riferisce, tra fede e storia.
Alessandro Atzeni e Sandro Garau, collaudata squadra sinergica di Architettura Preistorica, comunicano il loro più recente studio sul particolarissimo nuraghe complesso Duvilinò (Orgosolo), con con foto e rilievo planimetrico. I nostri propongono l’apparentamento con altri già noti edifici, analoghi per particolarità costruttive e nel contempo individuano una categoria di edifici che battezzano “nuraghi arroccati”. Con una convincente e attenta descrizione, mostrano – com’è d’uopo per archeologi preistorici – una grande sensibilità per i componenti delle strutture ed esplicitamente auspicano, nuove modalità tecnologiche di studio.
Sommario
- Monte d’Accoddi, la costruzione misteriosa – Lorenzo Scano
- Dove va l’Archeologia – Maurizio Feo
- L’olivo, un simbolo di pace sulle bandiere – Maura Andreoni
- Il sorriso ingannatore – Maurizio Feo
- Se crediamo a Platone – Maurizio Feo
- Spigolando tra lessico e numeri – Giacobbe Manca
- La terra A-bitata: Casa-Territorio-Popolo o del pensiero primitivo – Nello Bruno
- Interazione economica tra Fenici, Punici e Sardi – Giovanni Enna
- La chiesa sarda durante il periodo vandalico – Giovanni Enna
- Recensione libro di Giacobbe Manca “Archeologia di Sardegna” – Maurizio Feo
- Olympe de Gouges 1748-1793 – Peppino Pischedda
- Carbonazzi, il suo stradone e il sigillo di Carlo Felice – Piero Martis
- Episodi di guerra medievale nei graffiti di Sant’Antioco di Bisarcio – Gian Gabriele Cau
- Il nuraghe Duvilinò e i “Nuraghi Arroccati” – Alessandro Atzeni e Sandro Garau