Tra il 1985 ed il 1998, l’archeologo Gary S. Webster, coadiuvato dalla moglie Maud, condusse nove stagioni di scavo sull’altopiano basaltico di Abbasanta, su “Duos Nuraghes”, presso Bòrore, in provincia di Nuoro. Aveva prima ottenuto il finanziamento congiunto della “National Geographic Society” e del “Sardinia Program” della Pennsylvania State University, oltre alla necessaria autorizzazione a procedere agli scavi del Ministero dei Beni Culturali di Roma (che gli affiancò P. Uras come delegato rappresentante). Gary Webster è uno dei principali interlocutori con i lettori di lingua inglese di archeologia sarda, per le sue numerose pubblicazioni e la sua familiarità con l’Italiano. Lo scavo é certamente uno dei primissimi effettuati con metodo rigoroso, da un archeologo che sapesse condurre un razionale lavoro di recupero di tutti gli elementi e reperti utili a formulare una datazione (stratigrafia, ceramiche, ossidiane, C14 sui resti biologici, flottazione). Lo scavo fu un’utilissima scuola e un prezioso esempio per quelli che assistettero e per i successivi scavi sardi. Altrettanto certamente, però, si devono poi sapere trarre le giuste conclusioni logiche dal proprio lavoro: e in questo, Webster – pur essendo un convinto fautore della cosiddetta “archeologia interpretativa” è in fondo un po’ venuto meno…
La scelta del sito
Webster giustifica la propria attenzione su un nuraghe di piccola taglia con la necessità di “mettere a fuoco una verità nuragica più quotidiana”, meno elitaria di quella espressa dai rari nuraghi giganteschi, o dalla piccola percentuale (non più di 20-30%) di quelli complessi di media taglia, che secondo lui non sarebbero altrettanto rappresentativi della realtà, anche se indubbiamente colpiscono maggiormente la fantasia.
[Già qui sembra di intravedere il concetto di “nuraghe medio”, o “nuraghe tipico”, che piace ancora a molti operatori nel campo. È da considerarsi senza dubbio un’idea ipersemplificazione]
Le fondamenta della Torre A sarebbero composte da enormi conci grezzi e irregolari, che giacerebbero direttamente sull’originale strato basaltico (a suo tempo messo a nudo dall’operazione di “stripping”) e quindi costituirebbero già uno strato artificiale, coevo a quelli che Webster interpretò come i primi e più antichi sedimenti rinvenuti nello scavo. E qui, sorge un primo problema/obiezione. È un fatto fastidioso anche per Webster, come si vedrà: una volta che si fosse raggiunto il solidissimo strato basaltico, già di per sé fondazione perfetta, quale motivo statico/strutturale/costruttivo avrebbe giustificato la sovrapposizione di un ulteriore strato di pietroni irregolari e non lavorati? Sorge il dubbio che lo strato interpretato dall’Autore come “fondazione” non lo sia davvero, bensì possa essere, forse, un esito di crollo, o anche un’aggiunta posteriore dovuta a riuso del sito.
I motivi di un’ipotesi irrispettosa
Se, per ipotesi, la “vera” fondazione originaria fosse invece proprio quello strato che fu a suo tempo esposto per decorticazione dai Costruttori, allora lo scavo di Webster non lo avrebbe raggiunto e la sua stratigrafia non prenderebbe in considerazione lo strato più antico del nuraghe stesso. Se ciò fosse vero, allora la datazione stratigrafica inizierebbe da uno strato che non è affatto il più antico, bensì è più superficiale ad esso e quindi più recente. Anche gli indicatori ceramici subirebbero la stessa sorte. L’insieme produrrebbe risultati finali non corretti.
Ma anche Webster deve avere preso in considerazione questo problema: egli ritiene di averlo risolto adducendo la possibilità che “l’edificazione nuragica sia avvenuta sopra un sito precedente”, del quale i Costruttori non avrebbero cancellato completamente le tracce.
A proposito di indicatori ceramici, Webster cita anche un frammento di vaso riferibile per aspetto all’Eneolitico e allo stile di Monte Claro. Alla fine, però, l’autore suggerisce di non prenderlo in considerazione ai fini della datazione, in quanto sarebbe un reperto “fuori posto”: la sua presenza sarebbe dovuta solo a vari rimaneggiamenti che il luogo ha subito nel corso del tempo
…Sembra quasi che ogni ragionamento debba compiacere un’ipotesi già formulata in precedenza: se non lo fa, non va tenuto in considerazione…
Questo articolo può apparire una critica ingenerosa all’operato di Webster.
In realtà, obiezioni, dubbi e quesiti, più che alla critica verso di lui, sono volti a corroborare un’affermazione che ci sembra doverosa.
Quello che si intende mettere a fuoco è la vera novità che riguarda la datazione. Seppure Webster abbia tentato di contenersi prudentemente entro i limiti del foglio protocollo imposto dall’Establishment Accademico (1500 a.C.), purtroppo uscì egualmente un poco dai margini: appena 380 anni. E così, alla fine, la datazione scientifica ufficiale che egli propose si è meritata la condanna alla non credibilità come eretica e sbagliata: eccedeva ufficialmente i limiti di antichità imposti de jure.
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