Il fenomeno Orientalizzante nel cuore del Mediterraneo
Se si parte da premesse sbagliate, è quasi certo che non si raggiungeranno conclusioni corrette.
Così, quando si parla delle statue di Monti Prama, persino la prima definizione di “giganti” – dovuta al Lilliu, che le definì “kolossoi” – s’inizia già con il piede sbagliato. Perché mai ricorrere alla cultura greca e alla sua lingua estranea, per descrivere qualche cosa di prepotentemente sardo, così profondamente differente da ogni altra cosa greca?
E così, l’Autore propone piuttosto un altro nome, per lui più appropriato: quello di Grandi Statue Sarde. Esse sono di poco più grandi del vero, non gigantesche; sono statue a tutti gli effetti, indiscutibilmente sarde e sono “volumetriche”, cioè scolpite a tutto tondo; infine, sono senz’altro statue molto originali. Amare qualche cosa significa vincolarsi a rappresentarlo esattamente per ciò che è: con i pregi per cui si ama e con i difetti malgrado i quali si ama. Il libro, breve e chiaro, di agevole lettura, si attiene a questo principio di base.
Le statue non sono così antiche come qualcuno preferirebbe credere. Ci sono anzi chiare prove storiche, ben note all’archeologia internazionale, del fatto che – tra le statue prodotte dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo – le Grandi Statue Sarde figurano solo nel gruppo meno antico.
Il “monte delle palme” – Monti Prama, come lo chiamano i locali – non è un monte, bensì un dolce rilievo collinare: e se oggi ospita numerosi cespi spontanei di Palma Nana (Chamaerops Humilis, Palma di San Pietro), nulla ci assicura che anche nell’antichità fosse così.
Ecco: il libro procede prudentemente, elencando i dettagli con dati di fatto alla mano, senza condimenti di favole, né aggiunta di miti infondati, esaminando da vicino le prove materiali e formulando solo le più probabili e verosimili tra le ipotesi, sfrondando l’argomento di tutte le invenzioni.
Quello che resta è la realtà nuda, quella incontrovertibile, forse anche imbarazzante per alcuni, ma altrettanto stupefacente quanto tutte le multicolori falsità che nel tempo si sono andate inventando su queste antiche statue, su chi le scolpì, su quando e perché furono fatte…
Si ricorda appena di passaggio, in un’immagine, come il mito della Caverna di Platone da migliaia d’anni ci ammonisca su quanto sia facile cadere nell’errore: l’ombra, proiettata ingigantita sulla parete della caverna, sembra reale; e in fondo è reale, pur non costituendo affatto mai la realtà per intero! La Verità intera è data solamente dall’oggetto tridimensionale, la cui ombra si proietta sulla parete della caverna…
Alla fine della lettura di questo breve testo, corredato da un centinaio d’immagini, il Lettore otterrà un’idea piuttosto precisa e chiara dei grandi eventi storici che si verificarono nel Mediterraneo, cambiandolo per sempre e trasformandolo in un grandioso crogiolo culturale, regalandoci infine – insieme a numerosissimi doni – anche queste preziosissime Grandi Statue Sarde. Per quanto sembrino logore e frammentate, esse sono rivelatrici di un periodo della
storia sarda che è spesso stato colpevolmente sottovalutato, se non addirittura completamente frainteso. Esse ci aprono una comoda finestra sulla Verità di una Sardegna in cui le élite economiche del Sinis espressero appieno la propria orgogliosa ricchezza familiare anche nei sepolcri monumentali.
Una realtà sorprendente, che molti Sardi ancora neppure sospettano e che certamente non può (e non deve!) definirsi “nuragica”, come invece ancora molti oggi s’ostinano a fare.
Giacobbe Manca