Pieghe mentali e mancata Scienza di Giacobbe Manca
É una questione di credibilità.
Molti, troppi indizi consentono dubbi sulla strana cronologia del Nuragico attualmente utilizzata in Sardegna e, incredibile a dirsi, viene pure presa sul serio dagli studiosi italiani e persino dagli europei: credo in buona fede e per mancanza d’altro.
La questione è molto, direi troppo importante per lasciarla correre. Specialmente per i molti guasti che derivano da una periodizzazione attualmente diffusa “in ambiente”: alquanto miope, a mio vedere.
Di fatto s’ingenerano errori, perdite di tempo, spreco di carta e inchiostri, in ricercatori che assai meglio potrebbero impiegare il loro ingegno in cose più costruttive.
Per associazione di idee, esco dal vago ed entro nel velleitario, penso alla presunta scrittura nuragica, che a iniziali tratti di stimolo lascia il campo a pedanti e caparbie posizioni speculative.
Penso che se il nuragico non fosse ridotto dalla cosiddetta accademia a quel “calderone” smodatamente ampio e accomodante, molte ambiguità sarebbero non solo superate, ma non sarebbero state neanche intraprese:
uno scritto più o meno vago o proponibile, databile a un’avanzata Età del Ferro, per esempio, in nessun modo potrebbe essere ritenuto e preteso come nuragico, se fosse finalmente chiaro a tutti che la detta, straordinaria epoca dei costruttori di nuraghe, si era già conclusa da secoli prima.
Si tratta di voler vedere e accettare, secondo scienza – per metodo – e non per schieramento di una o altra tifoseria.
Per questo ho da tempo il desiderio struggente di ripercorrere le tappe che hanno visto i presunti ricercatori archeologi predecessori alla scrupolosa ricerca del quadro cronologico in cui calare le vicende
preistoriche della Sardegna.
Si tratta, insomma, di chiarire come si è giunti infine a determinare quella
griglia del tempo nuragico e, per capire, quale valore scientifico essa possa avere: un esercizio che sarebbe salutare anche per le povere università isolane, dove “la cosa” è rifilata agli allievi come garantita, in virtù di altere posizioni dogmatiche (gli archeologi sono tutti “credenti”) e sottaciuta nella sua intima dinamica compositiva (prendere o lasciare: a scatola chiusa, senza spazi per dubbi).
Sarà un impegno gravoso, lungo e paziente, forse tedioso, e per questo da anni tengo “lontano da me questo calice amaro”.
Col passare del tempo, però, è divenuto necessario e persino urgente, quagliare argomenti solidi per uscire dalle molte facce dell’ambiguità,
con cui sono costretto a confrontarmi.
Per principiare il gravoso excursus storiografico, credo sia opportuno andare rapidi sui calcoli fatti dal canonico G. Spano nel suo trattatello sui nuraghe.
1 Egli propone date assolute incontrollabili, ma garantite dalle discendenze bibliche, ¡da lui interpretate!
Nei popoli Caldei, che si dispersero tra Siria e Palestina, egli individua i costruttori dei nuraghe.
Non condivide l’Arri, secondo cui quei medesimi (G. Spano, Memoria sopra i nuraghi di Sardegna, 1854-1867, p. 48.) transfughi edificarono i nuraghe solo verso il 1546 a.C. (sic!), ovvero quando lasciarono la Palestina per l’occupazione di Giosuè.
Egli afferma, invece, che tutto dovette avvenire prima di Abramo, tra il secondo e il terzo secolo dopo il diluvio universale: esattamente 292 anni dopo quell’evento (sic!), ovvero 2322 anni prima di Cristo (ancora sic!).
L’ispirazione architettonica fu data dal naïve impegno edile di Caino, il quale edificò una città turrita [s’intenda una torre città] e la chiamò Enoch, come il suo figlio maggiore.
Si può convenire che i dati sopra enumerati siano un tantino sospetti, ma comunque interessanti: non posso fare a meno di notare una “straordinaria” vicinanza della data dell’Arri con quella più attuale fornita oggi dalle scuole universitarie quella dello Spano non poté essere accolta dall’accademia:¡troppo mistica!)
ma le convergenze potrebbero essere casuali.
La successiva sintesi, ben più moderna, venne circa un secolo dopo da Massimo Pallottino.
2 Egli propone uno schema a larghissime maglie; accetta la diffusa opinione che il Nuragico si debba ascrivere all’Età del Bronzo (¿perché? – ¡non è dato sapere!).
Stando a questa ferma visione, i primi nuraghe risalirebbero a un “certo tratto” dell’ampio ventaglio di secoli compresi tra il 1500 e l’800 a.C., nel quale s’affaccierebbero la fine dell’Eneolitico e l’avvio del Bronzo…