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Straordinario Voes di Nule

di Giacobbe Manca

Per primo, del nuraghe Voes pubblicò nel 1910 l’archeologo scozzese Duncan Mackenzie.

In Sardegna, da ormai un lustro il giovane archeologo Antonio Taramelli operava a Cagliari. Di vasta cultura classica, succedeva al Patroni nella direzione delle an- tichità sarde, in quanto esperto e figlio d’arte (il padre Torquato – bergamasco – era un noto geologo, docente a Pavia dal 1875).
In quell’avvio di secolo, nel programma degli studi an- tropologici promossi in ambito mediterraneo (anche a Malta, Corsica e Baleari), la British School di Roma aveva deciso, sotto l’egida dei suoi potenti agganci politici, d’intraprendere lo studio dei monumenti preistorici dell’isola ritenuta selvaggia, ancora sostanzialmente sconosciuta.


L’appassionato Francesco Nissardi, tecnico della règia soprintendenza, da tempo sapeva di questo straordina- rio monumento e nell’autunno del 1906, con liberalità, lo fece conoscere proprio al ricercatore inglese e all’architetto disegnatore F.H. Newton, solito compagno di viaggio, durante la prima delle sue diverse visite fatte in Sardegna. Nissardi, già allievo dello Spano, fece parte ai due inglesi anche della propria esperienza e dei primi rudimenti tecnici conseguiti col personale studio dei monumenti nuragici.

Fu così che la consistenza architettonica del grande e composito edificio di Nule, che custodisce una percorribilità interna “inusitata”, unitamente all’austerità dell’estetica e alla solidità, furono puntualmente sottolineati da Mackenzie…
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La diga sul tirso e i bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale

di Giovanni Enna

Costruzione della diga ed effetti socio-economici.
Lungo le sponde del fiume Tirso, in località S. Chiara (Comune di Ula Tirso), si estende uno dei più grandi bacini artificiali d’Europa: il Lago Omodeo,1 così denominato in ricordo dell’ingegnere Angelo Omodeo che ne fu l’ideatore.

La diga venne costruita, dopo un tratto pianeggiante e aperto a monte, su un sito che presenta una angusta strozzatura, con caratteristiche geologiche e idrologiche adatte. Il profondo dirupo ove fu elevata la diga addentellata alla montagna, fu testimone, durante i lavori, dello sforzo di sedicimila lavoratori italiani e stranieri che per un decennio – dal 1914 al 1924 – lottarono contro le insidie della malaria e della natura.

Durante la costruzione perirono circa quaranta operai (compreso un ingegnere). Tutti i lavori, con l’utilizzo della dinamite, vennero svolti manualmente (è sufficiente notare che tante donne, provenienti specialmente dal vicino paese di Busachi, trasportarono le pietre occorrenti per la costruzione con canestri poggiati sulle spalle).

Le motivazioni storiche che condussero alla realizzazione della nuova diga risalgono al 1907, in ottemperanza alla legge per lo sviluppo del Mezzogiorno, proposta dal senatore sardo e ministro dell’agricoltura Cocco Ortu (governo Giolitti) che mirava, in particolare, a una politica di potenziamento delle strutture produt- tive (capitale, lavoro, terra) mediante la produzione di energia elettrica per la Sardegna e l’irrigazione agricola del Campidano oristanese.

La costruzione dell’opera fu affidata alla direzione dell’ingegnere Dolcetta e venne inaugurata il 28 aprile 1924 alla presenza del re Vittorio Emanuele III e di una moltitudine di persone…
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Torri del silenzio

Finora è stato visto come sia particolarmente difficile – e spesso impossibile – ricostruire, con i soli strumenti dell’archeologia, le pratiche rituali e il pensiero filosofico-religioso, dei diversi popoli antichi, di cui non sono giunte tradizioni.

Non per giungere ad una verità, ma solo per individuare ipotesi plausibili riconducibili alla ricerca paletnologica, è opportuno rivolgersi alle diverse fonti dell’Antropologia.

Analogamente, il problema dell’interpretazione o della collocazione culturale, si pone anche per quei monumenti “nuovi”, insoliti e persino unici, che fortunatamente si possono ancora rinvenire, come l’allineamento di Ittiri oggetto di queste riflessioni.

Come detto nella prima parte, l’interpretazione quale raro “luogo del silenzio” del ben vistoso, ma finora inosservato, monumento a grossi poliedri ortostati di Sa Figu parrebbe trovare un forte sostegno nella realtà attuale dei Parsi, un’antica popolazione residente tra la Persia e l’India, dove s’insediò a seguito dell’avanzare dell’islam nel loro territorio d’origine.

Il nome “Parsi” deriva da Persi o Persiani e li individua come i discendenti di quell’antico e ben noto popolo del Vicino Oriente, la cui religione improntata al culto di Mitra (Mitra era il Sole e il fuoco), mostra ampie convergenze con i contenuti della mistica di Zarathustra (Zoroastro per i Greci) che si esprime nel culto alla sacralità degli elementi costituenti la Natura.

La componente messianica di questa religione finì anche per avere marcate ascendenze in una larga parte del popolo ebraico nella fase in cui fu deportato nella Babilonia di Nabuchadrezzar (o Nabucodonosor), (dal 586 al 538 a.C.), ma certo anche dalla lunga dominazione Assira (dal 538 al 332 a.C.).

Mappa di Babilonia secondo un’illustrazione della Encyclopaedia Biblica (Wikipedia)

Da quell’influsso, presente in un’importante componente dell’ebraismo, quella messianica della grande fucina mistica di Qumram, presso il Mar Morto, si avranno sensibili conseguenze nella predicazione cristiana. Analogamente, particolari contenuti della religione mitraica avranno esplicite e sorprendenti convergenze contenutistiche nella teologia cristiana.

Attestato estesamente in antico, il rito della scarnificazione – nelle sue diversificazioni potrebbe sembrare un fatto lontanissimo dalle consuetudini del terzo millennio e, ove sopravvivesse ancora, una pratica sconveniente di anacroni stici gruppuscoli, ancora agganciati alla preistoria.

La potente, chiusa ma moderna etnia dei Parsi vive a Bombay, dove ha una florida condizione economica basata su tecnologie avanzate. Detengono ampie aree boscate dove praticano la loro singolare prassi funeraria, secondo il loro credo religioso, il cui fondamentale imperativo è il rispetto della purezza degli elementi divini Terra, Fuoco, Aria e Acqua, quali fattori fondamentali della Natura e della vita.

Per questo la dissoluzione dei cadaveri non deve contaminare alcuno di questi componenti. La soluzione coerente è che i corpi dei defunti siano esposti alla solerzia dei numerosi avvoltoi – oggi allevati di proposito(4) , i quali per antichissima consuetudine sono richiamati ai bordi delle mura d’alte torri circolari.

Le dachmars, in occidente definite “torri del silenzio”, sono costruite al culmine di un’altura, e consistono sostanzialmente in un recinto lastricato, chiuso con pareti tali da impedire la vista di una così greve manifestazione, durante la quale, con una ben nota celerità determinata in concreto dal consistente numero di rapaci (meglio se oltre cento), le parti molli del defunto e non poche ossa minori ritornano direttamente a far parte del ciclo biologico della Natura, nel pieno rispetto della sua regola e della sua “purezza divina”.

Incisione di una torre del Silenzio zoroastriana (Wikipedia)

La collocazione in una dimora definitiva delle ossa avanzate avverrà in cimiteri preposti, dove tutti i componenti del gruppo umano si ricongiungono ai propri antenati e dove, i vivi abbiano un luogo dove “incontrare” e compiangere i defunti.


Immaginando anche contesti diversi e molto più lontani nel tempo, si può anche ipotizzare che non tutte le ossa fossero restituite dal frenetico e rissoso banchetto tenuto dagli avvoltoi e da altri rapaci, giacché è noto che alcune varietà di essi inghiottono le più piccole o spezzano le più grosse facendole cadere sulle rocce, per poi attingere al midollo o agli stessi frantumi.

É da credere che da un tale trattamento avanzino il cranio – se pure veniva esposto e non prelevato in precedenza per riservargli un rito specifico ,(5)
le ossa lunghe più pesanti, come i femori e le placche del bacino, oltre a parti della colonna vertebrale e molte costole…

Giacobbe Manca

L’articolo nel numero 32
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Economia delle antiche civiltà mediterranee

– seconda parte
di Giovanni Enna

1.2.2 – Civiltà ebraica
Secondo il libro della Genesi, la patria originale di Abramo era la città di Ur, nella Mesopotamia, dove forse visse all’epoca in cui la civiltà sumerica godeva degli ultimi bagliori di gloria.

Abramo, con il padre Terach, la moglie Sara e il nipote Lot, lasciò Ur per andare nel paese di Canaan , dove si stabilì dopo una breve puntata in Egitto, tra il secolo XX e XVI a.C. . Circa due secoli dopo il popolo ebreo trasmigrò in Egitto, chiamatovi da Giuseppe, figlio di Giacobbe.

Dall’Egitto tornò verso la Palestina nel secolo XIII a.C. sotto la guida di Mosè e di Giosuè. La conquista della terra di Canaan iniziò con il guado del fiume Giordano. La prima località raggiunta dalla tribù ebraica fu Galgala, a est di Gerico.

Alla morte di Salomone (sec. X a.C.) la monarchia unitaria genera due regni, Israele a nord e Giudea a sud. La scissione è accompagnata dalla decadenza, seguita poi dalla schiavitù di Babilonia.

Successivamente si ebbero fasi alterne di indipendenza (con rinascita dei due regni) e di dominazione straniera. Con la distruzione di Gerusalemme ad opera di Tito nel 70 d.C., termina la storia millenaria dell’antico popolo ebraico in Palestina.

1.2.2.1 Sistema economico ebraico.
La natura del suolo palestinese (tranne alcuni lembi particolarmente fertili come la valle di Isreel, ai piedi del massiccio del Monte Gelboe) non permise agli ebrei di dare sviluppo soprattutto all’agricoltura, danneggiata dalla natura arida del suolo (contrariamente ai fertili terreni egizi e mesopotamici).

Le colture furono varie: frumento, orzo, fave, lenticchie, viti, olivo, melograno, mandorle, fico, sicomòro. Il fabbisogno alimentare veniva soddisfatto principalmente mediante la pastorizia e l’allevamento. Gli animali allevati furono in particolare buoi, cavalli, asini, cammelli, capre, pecore.

La scarsa disponibilità di generi alimentari impedì la specializzazione del lavoro nel settore terziario, quale l’artigianato, che rimase poco sviluppato rispetto ai popoli confinanti. Gli agglomerati urbani erano contraddistinti da una diffusa povertà. Lo stesso Tempio di Gerusalemme era un edificio di dimensioni inferiori rispetto alle grandi opere mesopotamiche o egizie.

Il re Salomone fu costretto ad avvalersi della cooperazione dei fenici, sia per procurarsi i materiali più pregiati (in particolare legno), sia per ottenere efficaci collaboratori sul piano tecnico. Fu necessario importare metalli da Cipro, dall’Anatolia, dall’Arabia, l’esportazione riguardò soltanto le eccedenze di grano, vino, olio.

Il regno di Israele non possedeva la conoscenza tecnica necessaria allo sviluppo del commercio marittimo su larga scala. Il nominato re, per far viaggiare le sue “navi di Tarsis” (tipiche imbarcazioni larghe, adatte per lunghi viaggi in alto mare) chiamò in aiuto gli esperti di Chiram, re di Tiro. Tarsis, situata nel Mediterraneo era probabilmente la Sardegna, dalla quale gli israeliti importarono argento, ferro, stagno, piombo.


Nel complesso l’economia del popolo ebraico (tranne la breve parentesi della prosperità ai tempi di Salomone e di David) si rivelò come una tra le più modeste di quelle dell’Antichità. Nel corso dei secoli, fino all’era precristiana, la vita lussuosa fu riservata ai ceti nobili.

L’accumulazione dei beni, seppure praticata da un ristretto gruppo sociale di persone, non faceva parte della cultura del popolo ebraico, pervaso dalla presenza divina. Tutte le norme tramandate dall’Antico Testamento confermano l’immagine di una società tesa al raggiungimento di un equilibrio etico – sociale , piuttosto che a quello dell’accumulo di ricchezze.

Nel vecchio Testamento e nelle successive raccolte di leggi e di interpretazioni, che costituiscono l’originale pensiero ebraico, si rispecchia la lotta tra la società tribale, caratterizzata da una proprietà comunitaria e da un’attività economica primitiva, e il processo economico impersonale di una società più complessa, divisa in classi e caste, basata in gran parte sulla proprietà privata.

Attraverso l’influenza spirituale dei profeti, si ebbero dei mutamenti nella struttura economica, con la condanna degli eccessi delle nuove classi commerciali, degli usurai (venne proibita la riscossione dell’interesse; tuttavia, la norma comportamentale della remissione dei debiti nell’anno sabbatico venne aggirata e annullata con la crescita dell’attività creditizia), dei predatori di terre.

Articolo completo sul n. 37

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