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Disponibile da Aprile 2022, il nuovo numero 60 di Sardegna Antica
Sardegna Antica n. 60 esce in tempo, malgrado tutte le difficoltà redazionali di questa incresciosa “temperie culturale”. Ci sembra un buon numero, nel quale si toccano tutti i temi cari alla nostra filosofia editoriale. La rivista apre con R. Perissutti, con molte profonde riflessioni antropologiche. Segue un’importante novità di A. Assorgia sul vulcanesimo a Baunei. M. Feo espone considerazioni importanti a proposito di dettagli poco noti dell’indagine a Duos Nuraghes. In un secondo articolo di archeologia, A. Atzeni documenta in modo gradevole e preciso i motivi per cui il Nuraghe Ferralzos di Suni merita qualche primato. Pia Avis, di M. Andreoni, fornisce un quadro completo delle disavventure biologiche e delle imprese letterarie della cicogna bianca, in anticipo con la sua stagione d’arrivo in Sardegna. Per la Storia locale, P. Pischedda ci rivela altri oscuri capitoli della vergognosa vicenda delle Carte d’Arborea, mentre Giov. G. Manca ci parla del degrado dei beni culturali di Nuoro. Intanto speriamo in un prossimo futuro di potere ospitare storie locali più edificanti! G. Enna propone una spiegazione economica degli antichi mercati mediterranei, nel complicatissimo periodo del crollo dell’Età del Bronzo. Segue una critica al vetriolo, con cui G. Manca descrive i gravi misfatti perpetrati più volte sul Nuraghe Santa Barbara (vero San Sebastiano!): alcuni sono interventi pratici spacciati per restauro, altri sono descrizioni false e impossibili, che dimostrano la pochezza di certi “archeologi” nostrani e stranieri. Una bella provocazione marinaresca di L. Scano riporta la navigazione antica sulle nostre pagine, rivalutando il personaggio “eretico” di Thor Heyerdahl, studioso sperimentatore. Per la nuova linguistica, N. Bruno visita le radici della lingua sarda, richiama regole d’indagine scientifiche e avverte dell’appartenenza di molte parole al greco antico, non dal bizantino. A. Cabiddu richiama il tema dello spopolamento del centro Sardegna, correlato a rilevanti problemi economici, zootecnici e ambientali poco conosciuti, ma condivisi con tutta l’Europa, a cui si dovrà porre rimedio. P. Cannella chiude il fascicolo narrando, in chiave sbarazzina, le complicate vicissitudini di tre santi sardi.
Tre recensioni completano questo numero: la prima – una piccola perla poco nota del Taramelli – spinge a riflessioni molto amare sul presente dell’archeologia isolana; la seconda, in breve sintesi, dice perché il libro “Grandi Statue Sarde” sia necessario per tutti i sardi che vogliano conoscere il proprio passato; la terza porta una godibile, pacata nota critica descrivendoci il “Dizionario Etimologico Dorgalese” di A. Deplano. Un augurio di buona lettura, di buona Primavera ed estate a tutti i nostri lettori e alle loro famiglie.
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