Presente soprattutto nella Penisola Iberica e nelle regioni dell’Europa Orientale, l’areale della cicogna bianca (Ciconia ciconia) in Italia ha subito una forte contrazione fino alla totale mancanza di nidificazione. Solo a partire dagli anni ‘80, contemporaneamente ad una pressante campagna di sensibilizzazione, ha ripreso a nidificare dapprima in Piemonte e successivamente nelle altre regioni italiane. La specie si riconosce per il caratteristico colore bianco del piumaggio con le remiganti nere, le zampe lunghe e rosse, il becco anch’esso lungo e aranciato e per la forma slanciata del corpo. Il portamento è quello classico eretto di tutti i Ciconiformi, con la posizione di riposo spesso su una sola zampa.
Le cicogne bianche prediligono le praterie, le pianure e le zone umide, in genere; si nutrono principalmente di pesci, insetti, topi, anfibi, molluschi, rettili e spesso non disdegnano i pulcini di altre specie di uccelli. Per quanto riguarda la nidificazione, occupano generalmente i nidi abbandonati l’anno precedente e, se questo non è possibile, le coppie provvedono a una nuova costruzione, preferibilmente su punti elevati come campanili, pali, comignoli e talvolta sugli alberi. A livello nazionale, è una specie vulnerabile, mentre a livello regionale, lo status non è sufficientemente conosciuto (status indeterminato), in quanto in Sardegna la cicogna bianca è principalmente un visitatore estivo che negli ultimi anni ha fatto segnalare alcuni tentativi di nidificazione nella parte nord-occidentale dell’isola.
I fattori generali di minaccia sono la riduzione e l’alterazione degli habitat, le bonifiche e l’inquinamento delle acque, il bracconaggio e, non da ultimo, la collisione contro i tralicci, le linee e le strutture dell’alta tensione. Nonostante questo, per l’immaginario collettivo la cicogna è comunque un uccello molto amato, che da sempre ha destato simpatia e interesse. Il suo rapporto con l’uomo non è mai stato solo estetico perché, a causa della condivisione degli stessi ambienti aperti – soprattutto agricoli – e dell’utilizzo di strutture di origine antropica per la collocazione dei suoi voluminosi nidi, per l’uomo la sua presenza era familiare e abituale. Così familiare da aver anche dato luogo a un antichissimo esempio di “zoomorfismo linguistico”: a una ciconia accenna infatti il teologo Isidoro di Siviglia (VI sec. d.C.), per indicare uno strumento usato dai contadini romani e ispani per attingere l’acqua. Consisteva in un’asse posta in bilico, in modo che le estremità potessero essere alternativamente alzate e abbassate, la cui silouhette ricorda in effetti quella di una cicogna nell’atto di alimentarsi o bere. Una semplice, quanto ingegnosa, macchina (lo shaduf) già in uso nell’antico Egitto e in Mesopotamia almeno dal II millennio a.C., e poi ripresa continuamente, anche fino a tempi recenti, da altre genti.
“in altri posti, in ordine sparso, indice di quel fenomeno che vede l’uomo adottare spontaneamente le stesse soluzioni in presenza di risorse e condizioni più o meno uguali e non per scambio culturale”
Antichissime rappresentazioni su edifici sacri risalenti alla prima cultura neolitica del Vicino Oriente, papiri o manufatti egizi, pitture parietali romane, mosaici bizantini e fregi miniati medievali raffigurano spesso questi uccelli, mettendo talvolta così tanta cura nella resa dei particolari da renderli identificabili con buona sicurezza anche dal punto di vista scientifico sebbene, soprattutto in età medievale, la cicogna sovente viene confusa con la gru o con l’ibis sacro.
Soprattutto sono, però, le fonti scritte che destano interesse: le testimonianze sulla presenza e sulla distribuzione della cicogna in Italia in epoca storica ci giungono, sia attraverso trattati naturalistici (come varie opere di Aristotele – IV sec. a.C. – o la Naturalis Historia di Plinio – I sec. d. C. – l’autore antico che maggiormente scrive della cicogna) sia incidentalmente, da opere di tutt’altra natura. Leggendo le fonti, si apprende per esempio che, ai tempi dei Romani, la specie nidificava in Italia anche nella stessa Roma e costruiva i nidi addirittura sui templi, come testimonia Giovenale (I sec. d.C.), che riferisce di un voluminoso nido costruito sul tetto del Tempio della Concordia a Roma, ormai lasciato all’incuria.
La cicogna è uno degli uccelli di cui parlano anche il Levitico e il Deuteronomio, i libri veterotestamentari che trattano dei sacrifici, della consacrazione, delle norme di purità, delle leggi e delle disposizioni sui voti e sulle offerte dei sacerdoti della tribù di Levi. Gli animali vietati erano tutti quelli che i pagani consideravano sacri o che, sembrando agli occhi degli Ebrei ripugnanti considerati non graditi a Dio. Sarebbe stato quindi come essere schiavi degli dèi stranieri mangiare o avere contatti con animali che erano loro consacrati e la legge di santità doveva proibirli. Questa distinzione sarà poi definitivamente abolita dalla rivelazione novotestamentaria, tanto che rappresentazioni di cicogne nel ruolo di ophiomachos, vale a dire “in lotta contro i serpenti” intesi come il male e il peccato, fanno bella mostra di sé tra i più antichi mosaici delle chiese paleocristiane e bizantine.
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