Note storiche
Nel percorrere la costa sarda, siamo incuriositi dalla presenza imponente delle torri, per la maggior parte di costruzione spagnola, che difesero la nostra isola dalle incursioni fino al loro abbandono, avvenuto verso la metà del diciannovesimo secolo. Molte di esse sono precedenti all’occupazione spagnola: in effetti, le minacce alle coste sarde, storicamente di matrice ottomana, ebbero inizio già nel 655 d.C., quando la Sardegna diventò tappa intermedia per l’avanzata islamica verso la Spagna e il Marocco.
Nel 705 avvenne un investimento militare, (così è chiamato un attacco su larga scala, con molti uomini e mezzi: ciò per distinguerlo dalle incursioni, più frequenti non solo in Sardegna: azioni, queste ultime, improvvise e di breve durata). Quell’attacco massiccio fu opera del pirata egiziano Abdel Aziz: città come Nora e Tharros furono allora abbandonate, per mai più rinascere. Alla metà di quel secolo, i Sardi furono sottoposti alla tassa ottomana, e l’evento più drammatico fu in seguito il saccheggio di Cagliari nell’anno 816.
Solo dopo il Mille le marinerie di Pisa e Genova si interessarono alla Sardegna, allentando la pressione ottomana, che diventava più sporadica fino a diventare nuovamente minacciosa con l’invasione della Planargia da Bosa, nel 1226, e con il saccheggio dell’entroterra olbiese del 1418. Le basi ottomane nel Nordafrica, da Tunisi ad Algeri, furono una minaccia incombente per la Sardegna dopo le disfatte di Famagosta e la presa di Costantinopoli del 1453, fino all’arretramento della conquista islamica con la prima battaglia di Vienna, (1519), e poi con Lepanto e con la liberazione dell’area balcanica nel 1683.
La cintura difensiva
Le torri costiere ebbero una costruzione scaglionata nel tempo: ad esempio, la Torre del Porto a Portotorres data al 1325; la torre di Bosa fu costruita ai primi del ‘500, e così molte altre; ma fu sotto Filippo Secondo di Spagna che furono tutte rimesse in assetto, e la loro costruzione ebbe un’ulteriore accelerazione, subito dopo la battaglia di Lepanto. Esse furono allora organizzate in unico sistema di difesa militare e senza dubbio vennero utili, poiché le aggressioni ottomane non ebbero mai tregua: persino dopo la grande vittoria navale della coalizione cristiana, la Sardegna subì continui attacchi, solitamente nella bella stagione, a intervalli da uno a quattro anni fra uno e l’altro, con un solo intervallo di dieci anni dopo il 1777. Gli invasori giungevano con le fuste, grandi pescherecci armati con una spingarda a prua, con un solo albero a vela latina, e talvolta appoggiate dal più imponente sciabecco, che era provvisto anche di armi pesanti. Le fuste erano lunghe 25 metri: il loro assetto le rendeva adatte ad accostarsi alle spiagge, per poi sbarcare gli uomini con l’acqua alla cintola e riprenderli a bordo, dopo il saccheggio dei raccolti e l’eventuale predazione di uomini in età da lavoro e giovani donne.
Quel bottino era destinato rispettivamente alla schiavitù oppure agli harem. Le fuste avevano di solito 18 rematori per parte, ed erano di facile manovrabilità proprio per le dimensioni ridotte e il basso pescaggio: infatti, gli sbarchi avvenivano di regola sulle coste sabbiose. Lo sciabecco, nave imponente e pesantemente armata, stazionava più a largo.
Le torri in assetto dopo Lepanto
Fissiamo l’attenzione dunque al 1571, quando delle oltre cento torri oggi visibili ne preesistevano una sessantina, molte ammalorate, che quasi in tutti i casi furono oggetto di recupero. Immaginiamo di armare e mettere in assetto qualcuna delle più grandi, chiamare allora “gagliarde”, quali furono ad esempio la torre Pelosa di Stintino, o la torre del Porto a Portotorres, oppure ancora la Torre Grande nella costa oristanese, o quella di Barì.
La “gagliarda” era diversa dalla “senzilla” torre di media grandezza, come la torre di S. Lucia di Siniscola, e dalla piccola “torrezilla”, utile solo per avvistamento e segnalazione: tali erano, ad esempio, quella di Torre Falcone a Stintino, la “torretta” di Platamona, quella di Frigiano a Castelsardo, quella di s. Gemiliano a Tortolì.
Come già detto, la forte accelerazione nel mettere in opera tante fortezze, e rimettere in assettoquelle già esistenti, avvenne subito dopo Lepanto. Questa coincidenza merita una riflessione…
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