Prima alabarda preistorica ritrovata in Sardegna
Le cosiddette “alabarde” sono una particolare classe di armi, così denominate a livello archeologico, che nella pre-protostoria precedono e poi vengono completamente sostituite dalle spade nel ruolo bellico e rappresentativo.
La spada, infatti, è l’arma per eccellenza del guerriero, in quanto strumento appositamente progettato per il combattimento. A differenza di altre armi come lance, archi, frombole e asce, non esiste un uso secondario (come la caccia) per quest’oggetto, che vada aldilà dello scopo di ledere un altro essere umano. L’unica funzione alternativa della spada è quella di rappresentanza, ovvero quando assurge al rango di oggetto da esibire per rafforzare o sottolineare lo status, in vita come nella morte, del suo portatore.
Un ruolo somigliante dovette svolgere anche l’alabarda, infatti, quest’arma è ampiamente nota per aver preceduto l’invenzione della spada.
Di fatto, il suo utilizzo si colloca tra la fine dell’età del rame e l’inizio dell’età del bronzo nell’intera Europa, quando i pugnali e le daghe iniziano a svilupparsi in lunghezza, diventando vere e proprie spade.
Il termine “alabarda” non è esattamente corretto, ed è stato mutuato dalla nomenclatura delle armi medioevali.
Indica un’arma lunga, che si sviluppa intorno all’XI secolo A.D. per poi standardizzarsi intorno al XIV secolo A.D. È composta da una lama larga, solitamente più o meno parallela al manico su cui è inastata, dotata di una punta centrale, che prosegue idealmente lungo la direzione dell’asta, e da un “becco”, o una generica punta, usata per agganciare o bucare.
L’alabarda preistorica, invece, è più simile a un’ascia dotata di un’unica punta a forma di becco e solitamente asimmetrica, con uno dei lati taglienti maggiormente incurvato verso le mani dell’utilizzatore, probabilmente per accentuare il colpo di punta dato dall’alto. Sono famose le raffigurazioni di quest’oggetto sulle statue stele del Trentino, come quelle rinvenute presso riva del Garda, o le raffigurazioni rupestri della Val Camonica, dove l’arma è rappresentata numerose volte.
“L’alabarda, infatti, era estremamente diffusa e viene ritenuta, a buon diritto, un’arma di rappresentanza.”
Considerate tutte le implicazioni di carattere sociale, e la considerevole mancanza di frequenti riscontri per questo oggetto in relazione alla Sardegna preistorica, è stato identificato dallo scrivente e pubblicato nella propria tesi di laurea magistrale un singolo esemplare di 25 cm rinvenuto negli scavi del Nuraghe Seruci di Gonnesa. Tale arma tuttavia, fu interpretata, a causa della semplicità estrema e della natura ambigua, come una “punta di lancia”. Singolare è che l’oggetto sia rappresentato nella cartellonistica del nuraghe e, tuttavia, le relazioni di scavo non fanno cenno alcuno a questo oggetto. In ogni caso può dirsi certa la sua provenienza dal monumento detto. Se dovesse essere accettato e condiviso che di un’alabarda si tratti, come qui sostengo, si avrebbe un rinvenimento straordinario e da esso deriverebbe una diversa ipotesi di lettura del tipo di società dalla quale esso proviene. Se appartenesse al gruppo umano che affrontò la costruzione e l’amministrazione dei monumenti propriamente nuragici, si dovrà mutare la valutazione che attualmente si vagheggia per esso…
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